L’UOMO CHE SALVO’ LA MUSICA DALL’INFERNO DI MAKANA EYRE

Recensione a cura di Anna Maria.

Titolo: L’uomo che salvò la musica dall’inferno.
Autore: Makana Eyre.
Genere: Narrativa storica.
Pagine: 377.
Editore: Newton Compton Editori – 23 gennaio 2024.
Formati disponibili:Kindle 4,99€/ Cartaceo 12,26€.
Trama:

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L’incredibile storia di come la musica ha ridato speranza ai prigionieri nei campi di concentramento. In una fredda notte di ottobre del 1942 , le guardie del campo di concentramento di Sanchsenhausen sorprendono un gruppo di prigionieri ebrei radunati in segreto. Sono i membri di un coro clandestino, che stanno provando il repertorio guidati dal direttore d’orchestra Rosebery d’Arguto. Molti di loro vengono giustiziati sul momento, e quelli che sopravvivono alla rappresaglia sono deportati ad Auschwitz – Birkenau di lì a poche settimane. L’unico che riesce a salvarsi è Aleksander Kulisiewicz, un musicista polacco dotato di una singolare e incredibile memoria. È a lui che Rosebery, prima di morire, affida una missione importantissima: usare il suo dono per salvare il patrimonio musicale delle vittime dei campi nazisti. Aleks sopravvive in effetti all’Olocausto, e tiene fede alla promessa fatta all’amico: dopo la guerra torna in Polonia e inizia a raccogliere un impressionante archivio musicale che porta in giro in tutto il mondo. Solo attraverso la preziosa testimonianza di quest’uomo oggi sappiamo che i prigionieri dei campi di concentramento composero sinfonie, organizzarono cori clandestini, arrangiarono le musiche di illustri compositori riunendosi regolarmente e spesso a rischio della vita. La musica permise loro di resistere e restare umani, pur costretti a vivere nelle condizioni più brutali che si possano immaginare.

Giudizio:

Quando si decide di affrontare una lettura di questo genere, si è fin da subito consapevoli che ogni pagina sarà come uno schiaffo sul viso e ogni parola usata per descrivere l’orrore vissuto dai prigionieri dei campi di concentramento sarà tagliente al pari di una lama ben affilata. In queste pagine, lo scrittore ha deciso infatti di raccontare la storia vera di un uomo, che ha trovato nella musica la sua via di fuga dal dolore e che ha permesso al suo spirito indomito di sopravvivere all’orrore di cui è stato testimone. Lui, a differenza di altri, è riuscito a salvarsi, perché aveva una missione da compiere: salvare la musica dall’inferno! “Tutto sembrava a portata di mano, e Aleks, dotato di talento, di un’arroventata ambizione e di un pizzico di privilegio, era ansioso di sperimentare tutto “. Questi erano i pensieri del ventunenne Aleksander Kulisiewicz, negli anni in cui la sua Polonia, finalmente libera dopo decenni di dominazione straniera, aveva conquistato la sua indipendenza. Era convinto che un futuro luminoso si sarebbe spalancato per lui , un futuro fatto di musica e di esibizioni dal vivo. Poco gli importava di disattendere le aspettative paterne, che lo vedevano come un futuro avvocato, non di certo nei panni di un artista. Ben presto le ambizioni di questo giovane allampanato, che amava assimilare melodie e immagazzinarle nella sua formidabile memoria e che scriveva articoli contro quella ideologia “nazista” che stava prendendo sempre più piede, si infransero miseramente a seguito della invasione della Polonia da parte delle SS le quali iniziarono a instaurare un clima di terrore nella città di Ciezyn. In quel primo periodo di assedio, nel giovane Aleks emerse un moto di ribellione verso un sistema ingiusto che andava condannato anche a costo di attirare troppo su di sé l’attenzione delle SS, sempre in agguato per eliminare tutti i nemici del Reich. Questo suo non voler zittire i suoi pensieri, ma metterli nero su bianco, fu il motivo del suo arresto e poi del suo trasferimento nel campo di concentramento di Sanchsenhausen, a pochi km di distanza dalla città di Berlino. E fu lì, in quel luogo, in mezzo a quei prigionieri, a cui parevano aver derubato un pezzo della loro umanità, che Alex maturò una ferma consapevolezza: lui doveva sopravvivere e avrebbe usato ogni mezzo pur di uscire da quell’inferno! E la musica, quella stessa che le guardie del campo usavano per terrorizzare , torturare e umiliare i prigionieri, divenne invece per lui un porto sicuro dove mettersi al riparo dal sadismo e dalla crudeltà. Divenne per lui , grazie alla sua speciale dote di memorizzazione, il mezzo per documentare in versi quanto vedeva, sentiva e provava sulla sua pelle così da renderne, un giorno , testimonianza. Perché i nazisti potevano detenere il controllo sulle loro vite ma, nonostante i più brutali attacchi alla loro dignità, non si sarebbero mai appropriati della loro cultura! Ma ciò che cambiò radicalmente la sua quotidianità, fu l’incontro con Rosebery d’Arguto , un uomo coraggioso che non aveva paura dei prepotenti e non tollerava gli abusi, nonostante occupasse in quel luogo una posizione bassissima, in quanto ebreo. Quell’uomo che aveva deciso di restare fedele a se stesso, di non chianare la testa, ma di reagire a quel sistema dirigendo un coro ebraico tra le baracche di un campo di concentramento. Un’amicizia speciale quella tra Aleks e Rosebery, due uomini nati entrambi in Polonia, a una sola generazione l’uno dall’altro, con la medesima passione: la musica! Aleks rimase affascinato da come Rosebery d’Arguto riuscisse con la sola grazia del movimento delle mani a creare una meravigliosa musica dalle voci di uomini privi di alcuna preparazione musicale. Ma dirigere un coro a Sachsenhausen voleva dire correre un rischio enorme e Rosebery ne era consapevole, come sapeva che il suo essere ebreo avrebbe rappresentato la sua condanna. “Tu non sei ebreo. Se sopravviverai , dovrai cantare la mia canzone di dolore e di vendetta in tutto il mondo, o io ti maledirò e non potrai morire in pace”. Queste parole pronunciate dal suo “amico” poco prima che il suo “coro clandestino” fosse brutalmente eliminato divennero per Aleks un motivo in più per resistere in quel luogo. E quando, dopo sei anni di prigionia, divenne finalmente un uomo libero, rappresentarono il solo scopo della sua esistenza anche a costo di sacrificare la sua personale. Lui aveva un compito e lo portò a termine: fare conoscere per iscritto e grazie alla sua voce quella musica che per lui e gli altri prigionieri dei campi rappresentò un barlume di normalità e di speranza! Una particolareggiata analisi di un capitolo buio della nostra Storia! Una testimonianza toccante e drammatica. Un inno al potere salvifico della musica!

Stelle: 4⭐️⭐️⭐️⭐️

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