Recensione a cura di Anna Maria.
Titolo: L’uomo dei campi.
Autrice: Patty Li Vecchi.
Genere: Biografia.
Pagine: 352.
Editore:Self Publishing, 20 gennaio 2023.
Formati disponibili: Kindle 2,69€/ Cartaceo 10,00€.
Trama:

“Sono un contadino. Voglio vivere nella mia terra e prendermi cura di essa”. Era la frase che ripeteva spesso Salvatore alla gente che gli chiedeva cosa volesse fare nella vita. Nato e vissuto a Monreale in provincia di Palermo. Ha avuto una bella famiglia numerosa, cercando di prendere cura dei propri cari, nonostante il suo handicap fisico glielo impedisse. In una Sicilia che tanto gli ha dato e altrettanto gli ha tolto, viene ricostruito il percorso della sua vita: fatti, avvenimenti, narrati dalla voce della figlia Patrizia. Un tributo speciale ad un uomo che ha saputo vivere con coraggio l’incognita del domani su un futuro certo. Una vita fatta di stenti e di piccole gioie, colmate dall’amore incondizionato di quattro figli e dai loro sorrisi. L’amore di una figlia per un padre. Perché anche nella semplicità di zappare la terra esiste la maestosità di un grande uomo.
Giudizio:

Non è stato facile per me mettere nero su bianco le sensazioni provate al termine della lettura di questo romanzo, che è uno spaccato “duro” ma “veritiero” della vita quotidiana di una famiglia siciliana, quella della scrittrice, ma è soprattutto un tributo d’amore di una figlia verso l’uomo più importante della sua vita: Salvatore , “l’uomo dei campi”. Patty Li Vecchi ha voluto raccontare senza filtri quella che è stata la sua infanzia e adolescenza, ha permesso alla sua penna di dare libero sfogo a quelli che sono i suoi pensieri e dolori più intimi , sperando in cuor suo di concedere ad alcuni di essi di trovare un po’ di pace. Dalla lettura di questo romanzo viene fuori l’anima fragile di una bimba che ha sempre coltivato una sola speranza, ossia ricevere anche solo una carezza da colei che, forse per carattere o per l’educazione ricevuta, non è mai stata capace di dimostrarglielo: sua madre Luigina. Per fortuna, il destino le ha concesso un grande dono , quello della scrittura, che ha coltivato sin da bambina quando scriveva storie “strampalate” su qualsiasi foglio di carta le capitasse sottomano e che poi conservava gelosamente in una scatola di latta di biscotti Mellin. È stato però questo dono che le ha poi permesso, una volta divenuta adulta, di trovare il coraggio di affidare alla penna e alla carta il compito di condividere coi propri lettori una fetta importante della sua vita senza temere di andare incontro ai giudizi altrui, perché quella racchiusa in queste pagine è la sua STORIA, ma soprattutto è il ritratto di suo PADRE. Salvatore Li Vecchi viene presentato come un uomo di bassa statura, non arrivava infatti al metro e cinquanta di altezza , con i capelli neri, che ha continuato a conservare nonostante il trascorrere del tempo e che erano l’orgoglio della sua Patty. Ma ciò che lo contraddistingueva era la sua coppola blu , dono del suocero, da cui non si separava mai neppure nei mesi estivi e il suo inseparabile bastone “liscio e levigato dalle sue carezze, quelle che giornalmente lo accompagnavano”. Quel bastone ricordava a Salvatore, come un doloroso promemoria, la menomazione subita all’età di tredici anni, che lo aveva reso storpio per sempre, ma che non gli aveva mai impedito di svolgere perfettamente il suo lavoro : quello di contadino che amava il contatto con la terra, trattata con dedizione e rispetto. Era orgoglioso di quel piccolo appezzamento di terreno e di quella che, agli occhi estranei , poteva apparire come un rudere fatiscente, ma che lui considerava casa, un acquisto, frutto del suo sudore e sacrificio. Era lì che si recava ogni mattina, dopo aver lasciato la sua casa di Monreale e la sua preziosa famiglia: sua moglie e i suoi quattro figli, Rosalia, Giuseppe, Patrizia e Maria Grazia, che erano il suo bene più prezioso.

Salvatore era consapevole di non essere in grado di assicurare ai propri figli quei lussi che magari essi desideravano, ma faceva di tutto per strappare loro un sorriso, come quando portava loro ,dopo una faticosa giornata di lavoro nei campi, dei regali “modesti” , facendoli uscire a sorpresa dal suo sdrucito zaino del Milan, la sua squadra del cuore. Oppure, quando in occasione del decimo compleanno della sua Patty, decise di fare trovare a lei e ai suoi figli per colazione, del siero di latte , della ricotta fresca e soprattutto del pane fritto ripassato nello zucchero. A lui bastava provvedere alla sua famiglia, respirare l’aria pulita della sua campagna, cantare le sue canzoni preferite, come quelle di Domenico Modugno, e soprattutto bearsi del sorriso della sua piccola Patty. Con lei aveva un rapporto speciale, forse perché Salvatore aveva intuito il dolore malcelato nel cuore della sua bambina, un dolore simile al suo, quando aveva deciso di interrompere ogni rapporto con suo padre e col resto della sua famiglia. In quella bimba dal carattere curioso e ribelle , ma desiderosa di tanto affetto, rivedeva un po’ se stesso, ma purtroppo non è mai riuscito ad imporre la sua autorità su quella moglie, pronta a dispensare consigli e sorrisi agli altri e a fare pubbliche relazioni, ma poco incline a dimostrare affetto ai suoi cari. Una moglie, propensa a riversare la sua frustrazione verso quella figlia , che provava a tenerle testa, infliggendole severe punizioni , sperando così di raddrizzare il suo carattere ribelle. Un amore viscerale per il padre, ma un rapporto astioso con la madre che condurranno una dicianovenne Patty a prendere una decisione che segnerà il suo doloroso distacco dalla sua famiglia, dalla sua amata terra, e l’inizio della sua vita accanto a quello che sarebbe poi diventato suo marito. Se nella prima parte del romanzo la voce narrante è quella di Salvatore, nelle ultime pagine la scrittrice condivide invece alcune pagine del suo diario: una sorta di dialogo interiore finalizzato a esorcizzare il dolore e a fare pace coi suoi fantasmi , una riconciliazione con sé stessa e la sua terrà natìa.

Stelle: 4⭐️⭐️⭐️⭐️