Recensione a cura di Anna Maria.
Titolo: Una inutile primavera.
Autrice: Giulia Mancini.
Genere: Giallo.
Pagine: 197.
Editore: Giulia Mancini, 21 giugno 2021.
Formati disponibili: Kindle 2,99€/ Kindle Unlimited 0,00€/ Cartaceo 9,90€.
Trama:

“Terribile è l’ ira del mansueto”. ( Sacra Bibbia).
Gennaio 2020. Saverio e Sara stanno organizzando il loro matrimonio, è un momento felice e pieno di promesse, non sanno che molto presto la loro vita sarà stravolta da eventi imprevisti e al di fuori del loro controllo. Mentre tutto il mondo combatte contro un morbo sconosciuto il crimine non si ferma, il cadavere di un uomo viene trovato nella piscina di una villa disabitata. La scena che appare è sconvolgente: la piscina è un’immensa distesa di sangue e la permanenza in acqua ha reso i tratti dell’uomo irriconoscibili. Il commissario Sorace è catapultato in una nuova indagine. Chi era quell’uomo e come mai qualcuno ha deciso la sua morte in quel modo così atroce e scenografico? Non resta che scoprire l’identità della vittima e scavare nella sua vita per arrivare a una soluzione, una soluzione che sembra particolarmente difficile ora che tutti sono costretti all’isolamento per combattere il virus.
Arriva sempre qualcosa a ricordarti chi sei , a far riemergere la creatura sconosciuta nascosta nella penombra della tua anima, quella creatura feroce accecata dall’ ira che non è disposta a lasciarsi sottomettere.
Giudizio:

“Non era così che si era immaginato quel periodo, aveva fatto tanti progetti e tutto ora sembrava appeso ad un filo, la vita di tutti e la sua stessa vita”. Paura, confusione e incertezza sono i sentimenti predominanti che si percepiscono nei pensieri espressi dal commissario Saverio Sorace, anche lui, come tutti gli italiani e non solo, totalmente sgomento dinanzi a quella pandemia scoppiata all’improvviso, ma che è riuscita a mettere in ginocchio l’intera umanità, rivoluzionando le sue abitudini. Saverio è riuscito fortunatamente, prima dell’annuncio del lockdown, a sposare la sua Sara, ma la pandemia ha reso quello che dove essere per due neosposi un periodo felice, in un allontanamento forzato. Sara, anche lei una poliziotta della squadra mobile di Bologna, ha deciso di trasferirsi a casa dei suoi nonni per una maggiore sicurezza nei loro confronti. Ha rinunciato alle sue normali mansioni accettando ora di lavorare all’archiviazione dei casi irrisolti, ma stare lontana da Saverio la fa sentire vulnerabile e sola. “Avevano creduto di dominare il mondo indisturbati, invece ora erano sotto scacco per un morbo sconosciuto che nessuno aveva previsto”. Ma mentre l’umanità è costretta a restare a casa e a rinunciare alle sue, anche più banali, abitudini la Natura , quasi a volersi fare beffa di essa, continua imperterrita il suo cammino facendo esplodere in tutta la sua bellezza una primavera, assolutamente inutile, in quanto piombata tra un anormale e assordante silenzio. E purtroppo la Natura non è la sola a non arretrare il passo, anche il crimine continua ad agire indisturbato approfittando della surreale situazione creatasi a seguito del lockdown. Difatti il commissario Sorace deve fare i conti con due morti alquanto strane: il primo è il cadavere di un senzatetto trovato morto dissanguato all’interno della piscina di una villa nei pressi di Imola, mentre il secondo cadavere è quello di un cameriere, ora temporaneamente senza lavoro a causa delle restrizioni anticovid, trovato anch’esso privo di vita nei pressi del fiume Savena. Entrambe le morti, pur non presentando alcun tipo di legame, sembrano però essere le vittime di un unico disegno, di un medesimo modus operandi viste le analogie tra i due casi. Entrambi i corpi sono stati trovati in acqua e quest’ultima è rossa o resa tale a causa del sangue della vittima o da una vernice di quel colore e vicino ad essi una coppa con due differenti incisioni: A 16.3 – A 16.4. Acqua – Rosso – Sangue – Iscrizioni.
Questi gli indizi lasciati dall’assassino sui quali Saverio Sorace cerca di trovare un nesso logico avvalendosi dell’aiuto prezioso, anche se a distanza, della sua Sara. Inizialmente sembra non riuscire a mettere a fuoco quelle intuizioni che di solito gli sono di estremo aiuto per la risoluzione dei casi, ma stavolta sembrano essere ” ferme alla bocca dello stomaco” incapaci di “arrivare al suo cervello annebbiato”. Le sue ricerche sul primo cadavere, quello del senzatetto che era solito sostare nei pressi della sua stessa parrocchia, portano tutte lì, a quel luogo sacro, al carismatico don Lucio e ai suoi diaconi, le ultime persone ad aver rappresentato per quel poveretto una parvenza di famiglia e di punto di riferimento. Ma quale il collegamento che continua a sfuggirgli? E quale lo scopo di quelle due morti così teatrali? Quale messaggio celano? L’assassino ha voluto non solo liberare se stesso da un tormento interiore che continua ad affliggerlo, ma ha anche voluto indirettamente inviare un segnale all’umanità che ha subito con il virus la giusta punizione per le sue azioni scellerate e non rispettose nei confronti di quel Pianeta che la ospita.

Questo di Giulia Mancini è davvero un giallo molto interessante. Mi è piaciuta la scelta dell’autrice di contestualizzare la storia nel periodo che stiamo vivendo, l’ha resa ancora più reale e non come una storia lontana da noi. Mi sono spesso ritrovata in quel senso di smarrimento e turbamento che sembra pervadere i suoi personaggi. Il non potersi abbracciare, il dover rinunciare a banali gesti quotidiani, come il caffè gustato al bar, o il silenzio e la tranquillità surreale in cui erano piombate le nostre città durante il periodo del lockdown. Le riflessioni sul comportamento degli uomini e sulle conseguenze derivanti da esso, se un tempo potevano sembrare visionarie e catastrofiche, ora appaiono invece veritiere nella loro più eloquente drammaticità. Un giallo avvincente e riflessivo che custodisce al suo interno una morale per tutti noi! A voi scoprirla!

Stelle: 5⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️